sabato 29 giugno 2013
La Vera Ballata Di Ned Ludd - Collane Di Ruggine n.5
La vera ballata di Ned Ludd
anonimo
traduzione di Reginazabo
Durante un viaggio a Dublino, passeggiando una sera lungo il Grand Canal, ci siamo trovati a rovistare in una
bancarella di libri e documenti antichi e ci è capitato per le mani questo manoscritto, che secondo gli esperti è
databile alla fine del Settecento. Non possiamo provare con certezza che questa sia la vera versione della
famosa ballata di Ned Ludd, ma per onor di cronaca teniamo a pubblicarla in queste pagine in traduzione
italiana in modo che le nostre lettrici e i nostri lettori possano trarre da sé le proprie conclusioni a riguardo.
È questa la storia di Ned
che ognora le macchine sabotava.
Un giorno nessuno lo vide più,
ma c’è chi diceva che presto tornava.
Da bimbo Ned Ludd lo chiamavan l’idiota
e certo non era normale
vedeva le fate, scappava di casa
i suoi non sapevan che fare
Ned Ludd lo chiamavan l’idiota
e certo non era normale,
ma riconosceva già prima degli altri
le messi che andavano a male.
Ma Ned era un bravo bambino,
non faceva male a una biscia
e fu già in quegli anni che dentro il suo cuore
sbocciò il seme della giustizia.
Ned Ludd lo chiamaron profeta,
pioniere di lotta agguerrita,
ma solo a noi pochi è dato sapere
il vero segreto di una strana vita.
È questa la storia di Ned
che ognora le macchine sabotava.
Un giorno nessuno lo vide più,
ma c’è chi diceva che presto tornava.
Quel giorno suo padre era andato al mercato,
le sue belle stoffe voleva smerciare,
ma i prezzi erano alti, dicevano tutti,
così a mani vuote si accinse a tornare.
Dal mercato a casa la strada era lunga,
con un parco immenso nel mezzo.
Il padre di Ned si gettò il sacco in spalla,
indosso solo un manto grezzo.
L’angoscia era grande e la preoccupazione
ma a sfamare i figli doveva pensare
si mise a cercare fra erba e radici
patate e cicorie da poter cucinare.
Al centro del prato, vicino al boschetto,
un gruppo di funghi facea capolino.
I gambi allungati, a punta il berretto,
il vecchio, felice, estese un inchino.
Poi un dopo l’altro li raccolse tutti:
quel giorno la fame era stata sventata.
Ma ora che il sacco era pien di funghetti
l’angoscia peraltro non era intaccata.
Giacché il vecchio Ludd era un tessitore,
usava il telaio con grande perizia.
Da quando la fabbrica era stata aperta
frugava soltanto fra rovi e sporcizia.
Ormai solo i funghi poteva cercare,
la sua antica arte era meglio obliarla,
ché contro le stoffe di quelle officine
giammai lui avrebbe potuto spuntarla.
Raccolse quei funghi, il padre di Ned,
li riportò a casa correndo.
La moglie li cosse in quattro e quattr’otto:
di fame i bambini già stavan morendo.
È questa la storia di Ned
che ognora le macchine sabotava.
Un giorno nessuno lo vide più,
ma c’è chi diceva che presto tornava.
La cena non era nemmeno finita
che già il vicinato dormiva
ma presto interruppe la notte zittita
un urlo che alto saliva.
Coi suoi lumi accesi la folla arrivò.
I Ludd eran causa dello schiamazzo
e il primo pensier che alla mente saltò
fu di udire un uomo che urlava “ti ammazzo!”
Ma dentro la casa urlavano tutti,
lo sguardo era terrorizzato,
e soltanto uno fra i piccoli putti
sghignazzava allegro e beato.
È questa la storia di Ned
che ognora le macchine sabotava.
Un giorno nessuno lo vide più,
ma c’è chi diceva che presto tornava.
Con pezze bagnate e un lungo salasso
i Ludd tornarono a ragionare
ma non vi fu pace né dopo il collasso:
il bimbo il suo riso non voleva cessare.
Ned rise una notte e un dì,
dipoi sprofondò nel sonno.
Fin dopo l’aurora rimase così,
da sveglio non avea alcun danno.
Sul volto il sorriso del sonno beato,
Ned guarda la madre e racconta
di elfi e di ninfe, di un bosco fatato
e della lor danza irruenta.
“È colpa dei funghi”, sentenzia il dottore,
“attenti a quel che mangiate!”
Ma Ned non potrà più scordare l’ardore
di quelle creature incantate.
Così un bel giorno rivede un funghetto,
a lungo lo guarda, desideroso,
ed ecco nel folto di questo boschetto
aprirsi un gran varco splendente e arioso.
Ned Ludd è un ragazzo, non sa pazientare,
dei rischi del mondo non si dà pensiero.
Nel regno fatato non teme di entrare,
si slancia d’impulso giù lungo il sentiero.
Il varco di luce abbaglia e spaventa,
ma Ned non esita e passa.
È tosto aggredito da forte tormenta,
ma pazienta un po’ e il vento cessa.
La luce accecante avvolge una fata
e Ned è già in preda all’ebbrezza.
“Ah, quanto splendore, ho la vista abbagliata”,
il giovane ammira la rara bellezza.
La donna è maestosa, incute tremore,
lo sguardo è un tizzone ardente.
“Ned, vieni da me, non avere timore,
danzato con me già hai sovente”.
“Una notte e un dì abbiam festeggiato,
giurasti di fare ritorno,
però molti anni abbiamo aspettato
infin per vederti qui intorno”.
“Promettimi ora che ritornerai”,
gli disse la dama splendente.
“Allora già fu che io lo giurai,
e non l’ho scordato per niente”.
È questa la storia di Ned
che ognora le macchine sabotava.
Un giorno nessuno lo vide più,
ma c’è chi diceva che presto tornava.
Passarono gli anni, Ned diventò uomo
e in un’officina andò a lavorare.
In quel capannone passava per scemo,
ma è che lui sapeva ancora sognare.
Sognava quel mondo al di là della breccia,
reame di amore e amicizia,
e se di un sopruso sentiva la puzza
voleva far sempre giustizia.
Così fu che un giorno, era mezza estate,
Ned Ludd s’insinuò dentro il capannone
e tutte le macchine prese a legnate
ridusse ogni cosa che neanche un cannone.
Fu quella la prima delle sue incursioni,
di Ned Ludd il bel Capitano,
che presto seguaci contava a plotoni
e tutto il paese avea nella mano.
Lo videro in tanti, un po’ dappertutto,
da Leicester fino a Hamsptead,
ma non era vero, non certo del tutto,
ché attento era assai il nostro Ned.
Aveva imparato a non farsi vedere
e ogni suo passo muoveva nell’ombra,
e presto si disse che non esisteva,
ma lui non restava in penombra.
Rompeva, spaccava, con foga ardita
e niente di intero lasciava.
La fabbrica voleva levargli la vita?
Lui nessuno scampo le dava!
È questa la storia di Ned
che ognora le macchine sabotava.
Un giorno nessuno lo vide più,
ma c’è chi diceva che presto tornava.
E c’è chi lo vide lì tra la foschia,
avvolto da luce abbagliante,
mentre nella fabbrica poco distante
la folla gridava “Anarchia!”
Questa e altre storie le trovate su Collane Di Ruggine: http://collanediruggine.noblogs.org/
anonimo
traduzione di Reginazabo
Durante un viaggio a Dublino, passeggiando una sera lungo il Grand Canal, ci siamo trovati a rovistare in una
bancarella di libri e documenti antichi e ci è capitato per le mani questo manoscritto, che secondo gli esperti è
databile alla fine del Settecento. Non possiamo provare con certezza che questa sia la vera versione della
famosa ballata di Ned Ludd, ma per onor di cronaca teniamo a pubblicarla in queste pagine in traduzione
italiana in modo che le nostre lettrici e i nostri lettori possano trarre da sé le proprie conclusioni a riguardo.
È questa la storia di Ned
che ognora le macchine sabotava.
Un giorno nessuno lo vide più,
ma c’è chi diceva che presto tornava.
Da bimbo Ned Ludd lo chiamavan l’idiota
e certo non era normale
vedeva le fate, scappava di casa
i suoi non sapevan che fare
Ned Ludd lo chiamavan l’idiota
e certo non era normale,
ma riconosceva già prima degli altri
le messi che andavano a male.
Ma Ned era un bravo bambino,
non faceva male a una biscia
e fu già in quegli anni che dentro il suo cuore
sbocciò il seme della giustizia.
Ned Ludd lo chiamaron profeta,
pioniere di lotta agguerrita,
ma solo a noi pochi è dato sapere
il vero segreto di una strana vita.
È questa la storia di Ned
che ognora le macchine sabotava.
Un giorno nessuno lo vide più,
ma c’è chi diceva che presto tornava.
Quel giorno suo padre era andato al mercato,
le sue belle stoffe voleva smerciare,
ma i prezzi erano alti, dicevano tutti,
così a mani vuote si accinse a tornare.
Dal mercato a casa la strada era lunga,
con un parco immenso nel mezzo.
Il padre di Ned si gettò il sacco in spalla,
indosso solo un manto grezzo.
L’angoscia era grande e la preoccupazione
ma a sfamare i figli doveva pensare
si mise a cercare fra erba e radici
patate e cicorie da poter cucinare.
Al centro del prato, vicino al boschetto,
un gruppo di funghi facea capolino.
I gambi allungati, a punta il berretto,
il vecchio, felice, estese un inchino.
Poi un dopo l’altro li raccolse tutti:
quel giorno la fame era stata sventata.
Ma ora che il sacco era pien di funghetti
l’angoscia peraltro non era intaccata.
Giacché il vecchio Ludd era un tessitore,
usava il telaio con grande perizia.
Da quando la fabbrica era stata aperta
frugava soltanto fra rovi e sporcizia.
Ormai solo i funghi poteva cercare,
la sua antica arte era meglio obliarla,
ché contro le stoffe di quelle officine
giammai lui avrebbe potuto spuntarla.
Raccolse quei funghi, il padre di Ned,
li riportò a casa correndo.
La moglie li cosse in quattro e quattr’otto:
di fame i bambini già stavan morendo.
È questa la storia di Ned
che ognora le macchine sabotava.
Un giorno nessuno lo vide più,
ma c’è chi diceva che presto tornava.
La cena non era nemmeno finita
che già il vicinato dormiva
ma presto interruppe la notte zittita
un urlo che alto saliva.
Coi suoi lumi accesi la folla arrivò.
I Ludd eran causa dello schiamazzo
e il primo pensier che alla mente saltò
fu di udire un uomo che urlava “ti ammazzo!”
Ma dentro la casa urlavano tutti,
lo sguardo era terrorizzato,
e soltanto uno fra i piccoli putti
sghignazzava allegro e beato.
È questa la storia di Ned
che ognora le macchine sabotava.
Un giorno nessuno lo vide più,
ma c’è chi diceva che presto tornava.
Con pezze bagnate e un lungo salasso
i Ludd tornarono a ragionare
ma non vi fu pace né dopo il collasso:
il bimbo il suo riso non voleva cessare.
Ned rise una notte e un dì,
dipoi sprofondò nel sonno.
Fin dopo l’aurora rimase così,
da sveglio non avea alcun danno.
Sul volto il sorriso del sonno beato,
Ned guarda la madre e racconta
di elfi e di ninfe, di un bosco fatato
e della lor danza irruenta.
“È colpa dei funghi”, sentenzia il dottore,
“attenti a quel che mangiate!”
Ma Ned non potrà più scordare l’ardore
di quelle creature incantate.
Così un bel giorno rivede un funghetto,
a lungo lo guarda, desideroso,
ed ecco nel folto di questo boschetto
aprirsi un gran varco splendente e arioso.
Ned Ludd è un ragazzo, non sa pazientare,
dei rischi del mondo non si dà pensiero.
Nel regno fatato non teme di entrare,
si slancia d’impulso giù lungo il sentiero.
Il varco di luce abbaglia e spaventa,
ma Ned non esita e passa.
È tosto aggredito da forte tormenta,
ma pazienta un po’ e il vento cessa.
La luce accecante avvolge una fata
e Ned è già in preda all’ebbrezza.
“Ah, quanto splendore, ho la vista abbagliata”,
il giovane ammira la rara bellezza.
La donna è maestosa, incute tremore,
lo sguardo è un tizzone ardente.
“Ned, vieni da me, non avere timore,
danzato con me già hai sovente”.
“Una notte e un dì abbiam festeggiato,
giurasti di fare ritorno,
però molti anni abbiamo aspettato
infin per vederti qui intorno”.
“Promettimi ora che ritornerai”,
gli disse la dama splendente.
“Allora già fu che io lo giurai,
e non l’ho scordato per niente”.
È questa la storia di Ned
che ognora le macchine sabotava.
Un giorno nessuno lo vide più,
ma c’è chi diceva che presto tornava.
Passarono gli anni, Ned diventò uomo
e in un’officina andò a lavorare.
In quel capannone passava per scemo,
ma è che lui sapeva ancora sognare.
Sognava quel mondo al di là della breccia,
reame di amore e amicizia,
e se di un sopruso sentiva la puzza
voleva far sempre giustizia.
Così fu che un giorno, era mezza estate,
Ned Ludd s’insinuò dentro il capannone
e tutte le macchine prese a legnate
ridusse ogni cosa che neanche un cannone.
Fu quella la prima delle sue incursioni,
di Ned Ludd il bel Capitano,
che presto seguaci contava a plotoni
e tutto il paese avea nella mano.
Lo videro in tanti, un po’ dappertutto,
da Leicester fino a Hamsptead,
ma non era vero, non certo del tutto,
ché attento era assai il nostro Ned.
Aveva imparato a non farsi vedere
e ogni suo passo muoveva nell’ombra,
e presto si disse che non esisteva,
ma lui non restava in penombra.
Rompeva, spaccava, con foga ardita
e niente di intero lasciava.
La fabbrica voleva levargli la vita?
Lui nessuno scampo le dava!
È questa la storia di Ned
che ognora le macchine sabotava.
Un giorno nessuno lo vide più,
ma c’è chi diceva che presto tornava.
E c’è chi lo vide lì tra la foschia,
avvolto da luce abbagliante,
mentre nella fabbrica poco distante
la folla gridava “Anarchia!”
Questa e altre storie le trovate su Collane Di Ruggine: http://collanediruggine.noblogs.org/
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